Cosa sono i Vincisgrassi alla maceratese
Io sono uno che cerca, e studia abbastanza quando si tratta di piatti tipici italiani, e quando mi sono imbattuto nei Vincisgrassi alla maceratese sono rimasto di stucco, allibito, nzallanuto, insomma di sasso.
In questo piatto la povertà diventa ricchezza, quello che tanti buttano acquista un valore inestimabile, ma per capire meglio dobbiamo addentrarci nella ricetta.
Guardando il piatto subito uno pensa alla lasagna, ma in realtà siamo distanti, anzi distantissimi.
Partiamo dal sugo?
Chiamarlo sugo è riduttivo.
Sugo per i Vincisgrassi alla maceratese
Si soffriggono pezzi di pollo, papera, anatra, conigli, di cui si usano colli, zampe, durelli, muscoli; ossa di vitello, maiale che hanno pezzi di carne attaccati, e muscoli ricchi di tessuto connettivo.
Il tutto viene soffritto con ortaggi ed odori vari. Una volta sfumati tutti i pezzi con del vino, vengono arricchiti da pomodoro, anche concentrato, ed acqua fino alla loro copertura.
La cottura sarà lunga, e durerà ore, fino al restringimento del sugo ed alla cottura delle carni.
Una volta cotto il sugo, si prendono tutti i pezzi di carne si tagliano, le ossa si spolpano per bene, in modo da recuperare più carne possibile.
Tutta la carne tagliata viene versata nuovamente nella salsa filtrata, insieme ai fegatini ed agli stomaci di pollo soffritti precedentemente a parte, che hanno bisogno di poca cottura rispetto al resto.
Un altro componente della ricetta è la besciamella che si ottiene miscelando latte intero, burro ed aromi naturali.
La pasta per i Vincisgrassi alla maceratese
La pasta è all'uovo, aromatizzata con del vino cotto, tirata a regola d'arte e viene poi condita a strati dal sugo di carni, la besciamella e da generose spolverate di parmigiano grattugiato.
Il tutto va gratinato al forno in modo da ottenere una straordinaria cottura.
Avete quindi intuito perché siamo lontani rispetto alle lasagne tradizionali.
Chiaramente è un piatto antichissimo, che risale al secolo scorso, quando nelle case umili, ma secondo me ricche, c'erano gli animali da aia, dei quali non si buttava praticamente nulla, o si sfruttava anche il midollo e le ossa per insaporire il sugo.
Quelle dimore erano sicuramente pregne di aromi, odori indimenticabili, fermi nel tempo, di fumo, legna, di carne cotta per ore ed ore sulle vecchie cucine.
Quando mi sono documentato sulla ricetta mi sono venute in mente queste scene di un tempo.
Per la foto molto rappresentativa del piatto, ringrazio Chiara Cucinasi che mi ha permesso di condividerla con tutti voi!
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